Recensione di The Fighters - Addestramento di vita | Un esordio fresco, potente e affascinante
Recensione di The Fighters - Addestramento di vita di Thomas Cailley con Adele Haenel e Kévin Azaïs: l'opera prima rivelazione dell'ultimo festival di Cannes, un boy meets girl insolito e affascinante sullo sfondo di un'apocalissi imminente
Ci sono opere prime che conquistano immediatamente: per la libertà e la freschezza che trasudano, per l’uso sfrontato ma non per questo ammiccante del linguaggio cinematografico, per come riescono ad affascinare anche attraverso poche pennellate, lasciando intravedere uno stile che in teoria dovrebbe ancora farsi le ossa ma che è già in grado di mostrare al mondo tutta la sua forza prorompente. Rientra a pieno titolo in tale categoria l’esordio di Thomas Cailley The Fighters – Addestramento di vita (amabile traduzione italiana dell’originale Les combattants), film rivelazione della Quinzaine des réalizateurs e vincitore di tre premi agli ultimi César. Un boy meets girl ambientato nelle Landes, in Aquitania, sullo sfondo di un apprendistato militare e di una contemporanea calamità, che si percepisce come imminente e che provvede a condizionare le vite dei protagonisti, Arnaud e Madeleine. Il primo ha idee più vacillanti e ondivaghe, mentre la seconda appare perfettamente conscia dell’apocalisse che s’appresta ad arrivare e non manca pertanto di attirare l’interesse di Arnaud con quel suo misto di onniscienza profetica e durezza caratteriale e fisica, impenetrabile, sulla carta, a qualsiasi implicazione emotiva.
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Il film di Cailley non garantisce punti di riferimento, irretisce senza fornire troppe spiegazioni, ha il pregio di suggestionare con immagini possenti e smaglianti, che suggeriscono pericolo e distruzione, e non tanto con il progressivo, prevedibile avvicinarsi di due psicologie agli antipodi. Anzi, di psicologismo forzato e didascalico in The Fighters non ce n’è proprio, per lasciar posto, più concretamente e saggiamente, alla materializzazione delle ansie e delle paure di una generazione di giovani che non può non immaginare il futuro come una nube minacciosa e inquietante che si staglia all’orizzonte.
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Il tono del film è curioso, ambiguo e metafisico, poggia su scene ora astratte ora più vivide ed è animato da un minimalismo stilistico che ricorre alla musica elettronica un po' alla Mia Hansen-Løve, per invocare una distanza ma anche, in modo inaspettato e spiazzante, un calore che di sequenza in sequenza si fa sempre più marcato, fino a stabilire una relazione d’intimità con lo spettatore, sedotto miracolosamente anche dagli elementi più spigolosi.
The Fighters non è, in definitiva, il solito racconto di un microcosmo giovanile, magari violento e nazionalista (Madeleine, al contrario, detesta la Francia), ma è piuttosto un film sulle incertezze soffocanti del nostro tempo, sul potere della fuga dai canoni preordinati e sulla resistenza all’omologazione: due spinte che non possono che indurre alla riscoperta di sé e a mettere meglio a fuoco se stessi e gli altri, trovandosi inadeguati al cospetto delle catastrofi ma non per questo del tutto disarmanti e inconsapevoli. E non è poco.
Voto della redazione:
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