Recensione di Inside Out | Il Cinema più puro arriva ancora una volta dall'animazione Pixar
Recensione di Inside out | La Pixar, guidata dalla regia strabiliante di Pete Docter, arriva a mostrare le Emozioni in forma antropomorfa, o quasi: particelle di energia colorata dominano lo schermo. Con una sorpresa sull'Emozione protagonista
Genitori, adulti, cinefili, non abbiate dubbi: correte a sorbirvi l'ennesima impresa della Pixar. Se Up non vi aveva commosso abbastanza, se Wall-e non vi aveva convinto dello sguardo sensibile e avveniristico della casa di produzione californiana, non cedete ancora: Inside Out compie un passo in avanti impensato con una riflessione sull'infanzia e sul passaggio alla vita adulta che probabilmente i più piccoli non comprenderanno fino in fondo – divertendosi comunque grazie alla semplice caratterizzazione dei personaggi e al marketing spietato – ma che i grandi troveranno perfettamente coincidente con la realtà della crescita e dei ricordi che ci portiamo dietro da una vita.
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Questa volta il più grande merito di Pete Docter, già alla regia di Toy Story e Monsters & Co., non è tanto quello di aver scelto come protagonisti le emozioni disegnate in simpatiche figure antropomorfe, quanto quello di aver progettato con minuzia e intelligenza la complessa architettura della mente umana in cui, al di là del Quartiere Generale, dove operano le 5 emozioni “base”, i ricordi, sotto forma di piccole biglie colorate, alimentano le grandi Isole della Personalità (come l'Isola della Famiglia, dell'Onestà, dello Sport) e, verso l'infinito e oltre, si estende un universo stratificato e meraviglioso che si struttura in diversi comparti, dal Subconscio al Treno dei Pensieri, dalla casa di Produzione dei Sogni alla Terra dell'Immaginazione Astratta. Il magazzino della Memoria a Lungo Termine, ad esempio, è un complesso labirinto dove i ricordi non necessari vengono scartati per dare spazio ai nuovi (con qualche scherzetto malefico, in cui il non necessario riemerge senza motivo): una memoria eidetica che rivive per immagini, alle quali le emozioni protagoniste Gioia e Tristezza si aggrappano durante la loro rincorsa alla felicità perduta di Riley dopo il traumatico trasferimento a San Francisco. E del trauma più grande ci parla Inside Out: del distacco problematico ma inevitabile dall'infanzia. In cui le immagini interiori di pura creazione originale, tipica del bambino - e in questo contesto si inserisce il personaggio più disperatamente divertente, l'amico immaginario Bing Bong - svaniscono, alcune per sempre, altre no, con il rischio di lasciare posto all'apatia così cara dell'adolescenza.
Ma la piccola grande rivoluzione di Inside Out avviene nel ribaltamento inaspettato del consueto punto di vista attribuito alle emozioni quali sono Gioia e Tristezza: nell'epoca del divertimento a tutti i costi, la Gioia, nella sua dorata e ossessiva compulsività estrema non può che riconoscere l'essenzialità della Tristezza, il personaggio che più di tutti incarna ragione e sentimento in un unico cuore blu(es) di insicurezza, malinconia e poesia che la Pixar intera abbia concepito. Così i ricordi ingenui e immacolati del passato si tingono di nostalgia, nella consapevolezza di un'età e di un'innocenza che non potranno ritornare.
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Inside Out si configura come la mente freudiana dell'Es, Io e Super Io: i Monsters & Co. dormono nel subconscio mentre l'Io si tesse di trame di pensieri inafferrabili, in repentino cambiamento; il Super Io, governato dall'anarchia delle emozioni, in questo caso Paura, Rabbia e Disgusto, rigetta le costrizioni sociali (la scuola, il trasferimento, le autorità genitoriali).
Senza mai rinunciare all'ilarità che contraddistingue la casa di animazione californiana, Inside Out è senza dubbio la pellicola più adulta e introspettiva che la Pixar abbia mai elaborato, con cedimenti di svolgimento del caso, ma dove ancora una volta risiede il pensiero che l'Arte (astratta, bi o tridimensionale che sia) appartenga a una sfera emotiva e cerebrale pura e incorrotta, dove oramai solo al Cinema, veicolo della Memoria per eccellenza, è concesso di tornare.
Voto della redazione:
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