Recensione di La storia di Cino | Viaggio fiabesco tra le Alpi, purtroppo malriuscito
Recensione di La storia di Cino di Carlo Alberto Pinelli | Con tratto documentaristico, Pinelli costruisce una favola con evocazioni magiche, concentrandosi sugli sfondi e non sui protagonisti, che mancano completamente di direzione registica
Dopo una lunga carriera da documentarista, Caro Alberto Pinelli, figlio dello storico sceneggiatore Tullio, affronta il suo primo lungometraggio di fiction, seppur ispirato a eventi reali. La storia di Cino ricalca, infatti, lo stesso destino capitato a fine Ottocento ai bambini delle famiglie più povere delle montagne piemontesi, i quali venivano venduti ai fattori delle Alpi al confine francese. Più precisamente quella di Cino è una storia di fuga dallo sfruttamento minorile nonché dall'abuso sessuale: insieme all'amica ritrovata Catlìn, figlia perseguitata di una prostituta, si avventureranno insieme per le gole e le cime innevate alla ricerca del mare e di casa.
L'impronta vuole essere decisamente fiabesca, e gli elementi di suggestione magica e immaginativa, tipici della fantasia dei bambini, come le streghe Masche, gli animali guida, le superstizioni popolari, completano il quadro di leggenda come esorcizzazione di un passato cupo e brutale e come rivincita dell'infanzia rubata.
Tra personaggi di ispirazione collodiana (il carrettiere Mangiafuoco) e grimmiani (lo stesso Cino-Pollicino), La storia di Cino è purtroppo vittima di errori e ingenuità che infastidiscono lo scorrere della visione e ne ostacolano la riuscita: green screen mal realizzati, lingue e accenti (italiano e francese) maldestramente mischiati, assenza di direzione degli attori e caratteri (come quello di Catlin) esageratamente costruiti e forzati. I due piccoli protagonisti, scelti tramite provini in centinaia di scuole piemontesi, non si possono certamente biasimare, ma pare che non abbiano idea di ciò che stia succedendo e di cosa stiano parlando; la completa mancanza di attenzione alla recitazione (non solo loro, ma anche quella di qualche collega più adulto) non giova per niente alla credibilità del film o all'atmosfera della favola.
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Nonostante splendide cornici e panoramiche sul paesaggio maestoso delle montagne, così ben conosciute dal regista Pinelli, anche alpinista, non si può assegnare alla pellicola la forza evocatrice che promette, a causa di una messa in scena prima, e del montaggio dopo, apparentemente amatoriali, da principianti; con un finale scontantissimo ed intuibile già dall'inizio, La storia di Cino rovina quella che poteva diventare una bella fiaba in un libro per bambini, narrante il coraggio inconscio e sprezzante di un figlio che vuole solo tornare dalla propria famiglia. La pretesa invece di voler essere allo stesso tempo denuncia sociale e racconto fantastico annulla entrambe le prospettive.
Voto della redazione:
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